Con il decreto legge n. 11 del 16 febbraio 2023, recante misure urgenti in materia di blocco della cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il Governo ha stabilito la fine dell’utilizzo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale per i bonus edilizi; dunque stop a sconto in fattura e cessione del credito.
Il quadro normativo previgente
Con il decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. Decreto Rilancio), nel pieno dell’emergenza pandemica da Covid-19, il Governo varò il Superbonus del 110%. Fu una assoluta novità. Non solo perché per la prima volta un bonus fiscale eccedeva la spesa sostenuta, ma anche perché il bonus si poteva scontare direttamente in fattura o cedere a banche e intermediari finanziari.
Il Superbonus si applicava alle spese sostenute tra il primo luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 per interventi volti ad incrementare l’efficienza energetica degli edifici (ecobonus), la riduzione del rischio sismico (sismabonus) e per interventi ad essi connessi relativi all’installazione di impianti fotovoltaici e colonnine per la ricarica di veicoli elettrici.
La misura ebbe un grande successo e fu confermata dal governo Draghi con la manovra per il 2022. Il Superbonus fu infatti prorogato per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023 dai condomini e fino al 31 dicembre 2022 sugli edifici unifamiliari (con il 30% dei lavori svolti entro settembre 2022). Tuttavia, già da gennaio dell’anno scorso, il Governo, col decreto legge n. 4 del 27 gennaio 2022 (c.d. sostegni ter), stabiliva il divieto di effettuare cessioni del credito oltre la prima. I limiti alla cessione, poi, furono attenuati con i successivi interventi per rimettere in moto il mercato dei crediti.
Cosa cambia dal 17 febbraio 2023
Come accennato, il decreto legge n. 11 del 16 febbraio 2023, in vigore dal 17 febbraio 2023, statuisce il blocco di tutte le cessioni dei crediti relative ai bonus fiscali, inibendone altresì la possibilità di acquisto da parte degli enti pubblici.
Vengono fatti salvi gli interventi già avviati: ossia quelli per cui è stata depositata la CILA entro la data di entrata in vigore del decreto.
L’esclusione dal blocco della cessione dei crediti derivanti da bonus fiscali si applica a tutti i cessionari, inclusi quelli attualmente previsti dalla normativa, che acquistano da istituti bancari – soggetti diversi dai consumatori o dagli utenti – che in questo caso devono richiedere una dichiarazione di possesso, da parte della banca o della società cedente, della documentazione necessaria a dimostrare l’esistenza del credito.
I possibili effetti sui contratti in essere
La modifica in corsa delle modalità con cui beneficiare dei bonus edilizi apre senz’altro un’ampia riflessione, non solo di carattere economico. Sorge, infatti, spontaneo domandarsi la possibile sorte dei contratti – preliminari o definitivi – in cui contraenti, al momento della stipula, avevano fatto affidamento su presupposti di fatto e normativi che, in maniera del tutto inaspettata, sono improvvisamente e radicalmente mutati.
In tale ottica, si potrebbe richiamare l’istituto della presupposizione.
La presupposizione non è disciplinata, nel codice civile, ma è un istituto studiato ed elaborato dalla dottrina italiana a partire dagli anni trenta, sulle orme di quella tedesca.
La presupposizione può definirsi come quell’avvenimento futuro e incerto, taciuto dalle parti, ma dato per presupposto, da cui dipende l’efficacia o la validità del contratto; tecnicamente può essere definita come condizione non sviluppata o presupposto non dichiarato.
Esempio classico della presupposizione è la locazione del balcone con vista su Piazza del Campo il giorno del Palio di Siena. Evidente che, se le parti hanno concluso un accordo in base al quale, a fronte della corresponsione di una rilevante somma di denaro, viene consentito l’accesso alle finestre e altri balconi di una casa che prospetta sulla piazza, pur senza menzionare che ciò avviene allo scopo di poter assistere alla storica competizione, questo elemento è comunque tale da permeare l’intera pattuizione.
All’istituto sono state date diverse chiavi di lettura da parte della dottrina e giurisprudenza, che, di volta in volta, l’hanno applicata:
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- quale condizione non espressa del contratto;
- come elemento attinente alla base negoziale con conseguente nullità del contratto per difetto di causa nel caso in cui la situazione presupposta potesse definirsi come del tutto mancante;
- come causa di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta;
- come presupposto per poter esercitare il diritto di recesso dal contratto.
Analoga alla presupposizione è la tematica delle sopravvenienze perturbative dell’equilibrio originario delle prestazioni contrattuali, di cui si ha avuto modo di dibattere ampiamente durante la pandemia.
Si è venuto così a determinare un orientamento giurisprudenziale – confermato autorevolmente anche dalla stessa Corte di Cassazione – secondo cui è ammesso un intervento manutentivo del giudice sul contenuto del contratto al fine di ricondurlo ad equità.
In tale contesto, sarà senz’altro opportuno valutare, caso per caso, se – e in che limiti – si possa fare riscorso all’istituto della presupposizione o alla disciplina delle sopravvenienze per determinare la caducazione o la rinegoziazione di un contratto di compravendita, di appalto o di consulenza stipulato affidandosi ad una situazione giuridica (la possibilità di poter beneficiare immediatamente dei bonus fiscali tramite la cessione del credito o lo sconto in fattura) che è significativamente cambiata.
A cura dell’Avv. Federico Tassinari mail: federico.tassinari@studiozunarelli.com