I processi logistici sono interessati sempre di più dall’introduzione di dispositivi tecnologici in grado di monitorare i flussi di movimentazione, di verificare, nell’immediato, l’efficienza del sistema organizzativo e di tracciare, per averne evidenza in un data base, ogni singola fase del ciclo di produzione aziendale. E’ proprio di questi giorni la notizia assurta agli onori di cronaca di un dispositivo avente le sembianze di un braccialetto, ideato per una primaria società commerciale per poter controllare da remoto l’attività del personale al servizio di un magazzino logistico.
Nell’era del cd. Internet of things, anche il settore dei trasporti è protagonista di una inarrestabile evoluzione tecnologica; ad esempio, con l’ordinario accesso a sistemi di geolocalizzazione in grado di verificare le performance prestazionali degli autisti, già assistiamo ad una sempre maggiore penetrazione del diritto della privacy nell’ambito del rapporto del lavoro e dei rapporti contrattuali con la clientela e con i fornitori.
Ma quali sono i vantaggi competitivi della logistica del futuro? Quali i rischi e, quindi, le tutele giuridiche da porre in essere?
Vediamo come la rivoluzione digitale nella supply chain incida in ambito civilistico nelle dinamiche di un contratto di logistica. Lascerò poi la parola ad altri Colleghi di Studio per analizzare la medesima questione dalla prospettiva della tutela della privacy e del diritto del lavoro.
Nell’attività che pulsa all’interno di un magazzino, il servizio cd. di picking è quello ove più insediano le criticità dell’attività imprenditoriale di un operatore logistico, .
Il kit documentale delle prebolle e dei DDT non è un rimedio di tutela sufficiente ed abbiamo già visto in occasione di altri approfondimenti del nostro notiziario di Studio, come possa essere ritenuto in sede giudiziaria uno strumento privo di efficacia probatoria.
La fase del picking da parte del personale addetto alla movimentazione di beni all’interno di un magazzino resta un buco nero che sfugge ai sistemi digitali di controllo, in quanto il flusso dei dati che dal bar code di un prodotto si trasferisce direttamente nel server del software in uso, dipende pur sempre dall’attività manuale del singolo operatore che svolge le proprie mansioni tra gli scaffali e i pallets di merci.
Una soluzione pratica potrebbe quindi essere rappresentata dall’impiego di dispositivi di controllo remoto, in grado di verificare, con le modalità ritenute più congrue, le prestazioni manuali dei lavoratori .
Si tratterebbe in ogni caso di una modalità operativa che- se lecita sotto i profili della tutela della privacy e del diritto del lavoro – dovrebbe essere disciplinata in un apposito protocollo da accludere al contratto di logistica, affinchè committente e operatore condividano i criteri di verifica e prevedano in anticipo specifiche soglie di tolleranza, al superamento delle quali si configurano gli inadempimenti contrattuali e gli obblighi risarcitori ad essi connessi.
A cura dell’Avv. Stefano Campogrande (stefano.campogrande@studiozunarelli.com)