Sulla base della disciplina prevista dal D.Lgs. 151/2015, che ha modificato in parte la normativa delineata dallo Statuto dei Lavoratori in merito agli impianti audiovisivi e agli strumenti di controllo, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto espressamente la possibilità per il datore di lavoro di effettuare liberamente i c.d. controlli “a carattere difensivo”. Senza cioè dover necessariamente e preventivamente procedere con gli specifici adempimenti amministrativo/sindacali previsti dall’Art. 4 Statuto dei Lavoratori.
Più precisamente, parrebbe ormai superata la controversa ed incerta giurisprudenza sviluppatasi nel corso dell’ultimo quarantennio, che configurava ogni controllo disposto dall’azienda quale illecita ingerenza del datore di lavoro nei diritti fondamentali posti a tutela e garanzia del lavoratore, non distinguendo i fini e i mezzi utilizzati dal datore di lavoro per effettuare tali verifiche.
Sull’eco di tale modifica normativa, infatti, la giurisprudenza più recente ha ritenuto legittimo l’utilizzo di investigazioni di natura difensiva, volte all’accertamento di eventuali condotte pregiudizievoli mantenute dal lavoratore, finanche al di fuori del contesto aziendale, e suscettibili di costituire giustificati motivi o giuste cause di risoluzione del rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro ha quindi la possibilità di incaricare un soggetto esterno preposto all’attività investigativa finalizzata alla tutela ed alla difesa dei propri interessi, con l’unico limite identificabile nell’impossibilità di sconfinare in una generalizzata vigilanza sull’attività lavorativa vera e propria, sorveglianza questa invece di competenza esclusiva del datore.
Con sentenza n. 9749/16, avente ad oggetto il licenziamento del lavoratore a seguito di un utilizzo improprio dei permessi ex art. 33, L. 5 febbraio 1992, n. 104, la Corte di Cassazione ha evidenziato come l’eventuale controllo demandato dal datore di lavoro ad un’agenzia investigativa, direttamente finalizzato all’accertamento di un comportamento illegittimo conosciuto, non attiene alla verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa e che, in ogni caso, l’intervento del datore di lavoro sarebbe comunque giustificato anche “in ragione del solo sospetto o nella mera ipotesi che l’illecito sia in corso di esecuzione (v. Cass. 3590/11)”.
Sul punto, con la più recente sentenza n. 10636/17, la Suprema Corte ha inoltre ritenuto legittimo il licenziamento comminato a un dipendente colto, attraverso un sistema di telecamere occulte installate dall’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, nell’atto di rubare prodotti dal magazzino del supermercato presso cui prestava la propria attività, non ravvisando, nel caso di specie, un conflitto con la disposizione di cui all’art. 4, Stat. Lav, trattandosi de facto di telecamere installate nel magazzino, ma alla cui gestione era preposta una società esterna e volte ad accertare comportamenti differenti dal mero inadempimento della prestazione lavorativa.
Il potere investigativo esterno, infine, potrà riguardare inoltre l’accertamento della sussistenza e della veridicità di stati di malattia dichiarati dai lavoratori, anche in presenza di regolari certificati attestanti la medesima.
Da ciò non consegue, è bene specificarlo in conclusione, una indiscriminata libertà in capo al datore di lavoro il quale, ogni qualvolta intenda procedere con un c.d. “controllo difensivo” dovrà comunque verificare la presenza dei presupposti sopra delineati.
(A cura del Dipartimento di Diritto del Lavoro – Avv. Marcello Giordani – 02.39680538)