L’istituto dell’amministrazione di sostegno è stato introdotto dal legislatore nel nostro ordinamento, ai fini di consentire una minore invasività dei limiti imposti dalla legge nei casi di interdizione ed inabilitazione, istituendo un sistema flessibile ed articolato che protegga i soggetti affetti da disturbi, non così gravi da dar luogo all’interdizione, e che consenta loro di autodeterminarsi sul terreno dei rapporti personali e patrimoniali che sono da loro gestibili autonomamente. Infatti, come di seguito meglio si specificherà trattando degli aspetti procedurali, il giudice tutelare indicherà, nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, gli atti per cui quest’ultimo avrà la rappresentanza esclusiva e gli atti per cui lo stesso dovrà assistere il beneficiario. Al di fuori delle ipotesi appena rappresentate il beneficiario conserverà la capacità di agire (v. art. 409 c.c.).
La dottrina maggioritaria, nonché la costante giurisprudenza, è concorde nell’affermare che rispetto agli istituti dell’interdizione o della inabilitazione, “l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa” ( Tribunale di Roma nella sentenza del 24 maggio 2011).
Il legislatore, nel dettato normativo dell’art. 404 c.c., ha utilizzato una formula generica per l’individuazione dei soggetti che possono beneficiare dell’amministrazione di sostegno a causa dell’impossibilità della legge di statuire che l’età avanzata costituisca automaticamente una menomazione tale da rendere incapaci di effettuare determinati atti.
Pertanto, è stata la giurisprudenza col tempo a riempire di significato la formulazione del legislatore. In merito, infatti, con orientamento costante le Corti hanno precisato che “la legge n. 6 del 2004 non ha espressamente previsto tra i beneficiari della figura dell’Amministratore di sostegno le persone anziane. Tuttavia, la formula utilizzata dall’art. 404 c.c., per indicare i presupposti soggettivi necessari per l’istituzione della misura protettiva, sembra avere tale ampiezza ed elasticità da consentire di ricomprendervi, a date condizioni, anche le persone anziane” (ex multis, Giudice tutelare Modena Sez. II Dec., 24/02/2005). Il presupposto affinché la forma di tutela in esame possa operare anche nei confronti delle persone anziane è che la propria condizione incida sulla “capacità di provvedere ai propri interessi” (Cass. civ., Sez. I, 04/02/2014, n. 2364).
Venendo agli aspetti pratici, si segnala che l’istanza per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere presentata con ricorso al giudice tutelare:
- dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato;
- dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati alla cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno;
- dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero.
Presentato il ricorso, il Giudice tutelare sente personalmente la persona cui il procedimento si riferisce, dopodiché provvede, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti legittimati a proporre il ricorso, potendo disporre altresì, anche d’ufficio, accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione e all’emanazione del decreto, dando atto nel provvedimento:
“1) delle generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno;
2) della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;
3) dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;
5) dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;
6) della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario”.
La scelta dell’amministratore da parte del giudice può essere vincolata (salvo gravi motivi) dallo stesso beneficiario che “in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata” designi il soggetto da nominare. In mancanza di tale previsione il giudice tutelare deve preferire “ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata” (art. 408 c.c.).
I poteri dell’amministratore di sostegno sono gli stessi del tutore: l’art. 411 c.c. dichiara, infatti, compatibili taluni disposizioni, che quindi diventano comuni ai due istituti, con l’eccezione che nell’istituto in esame sarà sempre il giudice tutelare a disporre le autorizzazioni necessarie all’amministratore per determinati atti (a titolo esemplificativo si segnala che occorrerà l’autorizzazione del giudice tutelare al fine di riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del beneficiario e per l’ordinaria amministrazione del suo patrimonio, alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento).
Giova sottolineare che dal combinato disposto degli artt. 411 e 376 c.c. si evince che nell’autorizzare la vendita dei beni, il giudice tutelare determina se debba farsi all’incanto o mediante trattativa privata, fissandone in ogni caso il prezzo minimo.
Alla luce di quanto sopra descritto emerge la flessibilità di uno strumento essenziale al fine di fornire aiuto a coloro che non siano più in grado di svolgere autonomamente determinate attività e allo stesso tempo riservare loro un certo margine di autonomia nei limiti delle proprie capacità.
(A cura dell’Ufficio di Bologna, Avv. Graziano Marangi, tel. 051.2750020)