Il Consiglio di Stato, con pronuncia dell’8 febbraio 2013, n. 721, ha ritenuto corretto il radicamento avanti il Giudice ammini-strativo di una controversia in materia di determinazione dei canoni demaniali marittimi pretesemente dovuti da un Porto Turistico assistito dallo Studio, “risultando prospettate censure che investono delicate qualificazioni tecnico-discrezionali, inerenti i presupposti applicativi dei nuovi canoni di concessione, ritenuti applicabili anche alle concessioni già rilasciate, aventi come oggetto la realizzazione e la gestione di strutture, dedicate alla nautica da diporto, con segnalato errore o travisamento dei presupposti (in rapporto ad equilibri finanziari oggetto di convenzione ed implicanti notevoli investimenti, nonché all’intervenuta applicazione del canone su aree non disponibili, ovvero su superfici maggiori di quelle effettivamente realizzate, peraltro con prospettata)”. La decisione assunta dal massimo organo della Giustizia amministrativa rappresenta un importante traguardo nell’ambito delle vicende del rapporto concessorio di beni afferenti al demanio marittimo.
La tematica relativa alle concessioni sul demanio marittimo presenta, infatti, rilevanti profili di complessità, che discendono dall’essere al contempo partecipe del destino e della faticosa evoluzione che ha coinvolto i beni pubblici e l’impiego in tale ambito della concessione ed estranea a quel percorso, in quanto connotata da profili di specialità, che conferiscono alla disciplina normativa una struttura puntiforme e rendono difficoltosa una ricostruzione unitaria della elaborazione giurisprudenziale ed incerta la stessa individuazione del Giudice competente.
Il filone di cause generato dalle disposizioni della legge finanziaria per l’anno 2007, che ha sostanzialmente unificato la disciplina applicabile ai differenti tipi di concessione in ambito demaniale marittimo (dalla mera concessione di “beni” – tipica quella di ombrellaggio – a quella mista di beni e lavori – cosiddetta di “costruzione e gestione”, ad esempio “di approdo turistico”), è lungi dal potersi considerare concluso, essendo molte le questioni ancora irrisolte: dalla misura del canone all’incidenza delle nuove disposizioni sulle concessioni in essere, passando per la tutela dello affidamento del concessionario.
La decisione menzionata consente di confidare, almeno, nel superamento delle incertezze sulla cognizione del Giudice amministrativo in controversie simili.
In casi analoghi a quello in esame il Giudice della giurisdizione non ha, invero, avuto esitazione nel riconoscere che “la controversia concernente la rideterminazione del canone di occupazione di beni del demanio marittimo da parte dell’Autorità portuale, a seguito di una differente interpretazione e di una mutata classificazione della tipologia di occupazione, spetta alla giurisdizione amministrativa, presupponendo un provvedimento amministrativo con cui l’Autorità incide sull’economia dello intero rapporto concessorio, attraverso l’esercizio di poteri autoritativi” (Cass., SSUU, 15644/2010).
L’art. 133, co. 1, lett. b, del c.p.a. riserva infatti alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche”.
È quindi, ancora una volta, il criterio della causa petendi ad ancorare il discrimine tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa alla distinzione diritto soggettivo – interesse legittimo.
La decisione richiamata del Consiglio di Stato permette, quindi, di affermare l’esistenza della giurisdizione amministrativa nel caso in cui si lamenti il cattivo esercizio del potere da parte delle amministrazioni competenti nella determinazione dei canoni dovuti e nella identificazione dei beni concessi: costituisce, infatti, pur sempre esercizio del potere, sia pure in forma abdicativa, il mancato esercizio del potere stesso.
A cura dell’Ufficio di Bologna – Avv. Antonio Salamone (051 2750020)