Nello scorso numero abbiamo dato notizia di un incarico ricevuto dallo Studio relativo all’impugnazione di un sequestro probatorio disposto dall’Agenzia delle Dogane su una partita di oltre 20.000 paia di calzature estive del tipo “crocs”. Secondo la Dogana e il PM le calzature importate sarebbero state un’imitazione di un noto modello già registrato a livello comunitario e si sarebbe quindi versati nell’ipotesi del reato previsto e punito dagli artt. 474 (introduzione e commercio di prodotti con segni falsi) e 648 (ricettazione) c.p.
Lo Studio ha formulato richiesta di riesame contro il sequestro probatorio, eccependo la non sussistenza del reato, in quanto, per la configurazione del reato configurato dall’accusa è necessaria un’effettiva contraffazione o alterazione di marchi o di segni distintivi della merce, nel caso di specie insussistente.
La giurisprudenza, infatti, ha escluso che una mera imitazione figurativa di prodotti industriali privi di marchi o segni distintivi – come nella fattispecie concreta, in quanto le calzature sequestrate non recavano alcun marchio – possa integrare il reato di introduzione e commercio di prodotti con segni falsi. La contraffazione o alterazione di brevetti, disegni e modelli non è quindi punita dall’art. 474 c.p., che tutela unicamente i marchi o i segni distintivi attestanti l’effettiva provenienza del prodotto da una certa casa produttrice.
La registrazione comunitaria del modello asseritamente contraffatto, inoltre, risultava essere stata dichiarata invalida dalle Commissioni di ricorso presso l’UAMI (Ufficio per l’Armonizzazione del mercato interno, competente a livello comunitario per la registrazione di marchi e modelli). Ed infatti in una pronuncia del 2010, sottoposta all’attenzione del Collegio giudicante in sede di riesame, la Commissione di ricorso UAMI aveva rilevato che il modello in esame non avrebbe potuto essere registrato in quanto carente dei necessari requisiti di novità (essendo stato commercializzato su larga scala prima della sua registrazione) e di individualità (in quanto a sua volta copia di un meno noto modello non registrato, ma già in commercio). In assenza di tali requisiti non si sarebbe dovuto dar luogo alla registrazione del modello, al quale pertanto non sarebbe riconducibile alcuna tutela in termini penalistici.
In ultima analisi, quindi, la misura cautelare del sequestro non sarebbe stata ab origine applicabile in quanto difettava il presupposto del fumus commissi delicti, non essendo la condotta tenuta dall’indagato, nonché titolare della merce sequestrata, sussumibile nella fattispecie degli artt. 474 c.p. e 648 c.p.
Il Tribunale del Riesame di Trieste, accogliendo la tesi difensiva e facendola propria nella motivazione della revoca della misura cautelare, ha disposto il dissequestro della merce.
(A cura dell’ufficio di Trieste – Avv. Federica Fantuzzi – 0407600281)
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