Possono le imprese cinesi (o in generale extra UE) partecipare alle gare d’appalto pubbliche in Italia?

Possono i prodotti extra UE essere offerti alle stazioni appaltanti in queste gare?

Le domande enunciate sono alla base di una controversia risolta recentemente dal TAR Lazio, sez. II-bis, con la sentenza n. 21202 del 2024.

Essa offre spunti interessanti per ricostruire, in sintesi, la disciplina del nostro Codice dei Contratti Pubblici su un tema che assume crescente importanza nel mercato globalizzato: la partecipazione di imprese extracomunitarie, o di prodotti fabbricati al di fuori dei confini dell’Unione Europea, alle procedure d’assegnazione degli appalti pubblici italiani.

Sul tema non vi è soluzione di continuità tra il vecchio ed il nuovo Codice, perché le norme che regolavano la materia nel D. Lgs. n. 50/2016 sono rimaste pressoché immutate nel vigente D. Lgs. n. 36/2023.

Il caso

La sentenza in commento riguarda un appalto di fornitura di autobus elettrici: il secondo classificato aveva impugnato l’aggiudicazione con due motivi di ricorso, sostenendo che

  • il vincitore non avrebbe potuto, in realtà, partecipare alla gara, perché a tal fine aveva utilizzato, mediante avvalimento, i requisiti di un’azienda cinese. Tuttavia, ad essa sarebbe stata preclusa la partecipazione alle procedure competitive italiane, perché la Repubblica Popolare Cinese non ha stipulato alcun accordo internazionale che consenta la partecipazione delle sue imprese agli appalti pubblici nel mercato UE;
  • in ogni caso, la stazione appaltante non avrebbe motivato le ragioni della sua scelta di non escludere dalla gara l’offerta della vincitrice, consistente nella fornitura di prodotti realizzati per oltre il 50% in un Paese extraunionale. Ciò sarebbe in contrasto con il disposto dell’art. 170 del Codice dei Contratti Pubblici, applicabile agli appalti nei c.d. settori speciali, come quello in esame.

Le norme rilevanti e la decisione sul primo motivo.

Al riguardo, i Giudici romani hanno giustamente ricordato, in primo luogo, che hanno il diritto di partecipare alle gare in ambito UE solo le imprese degli Stati che

  • hanno ratificato l’Accordo sugli Appalti Pubblici (AAP) nell’ambito dell’Accordo di Marrakech del 1994 (che istituì l’Organizzazione Mondiale del Commercio, World Trade Organization – WTO); oppure
  • hanno concluso altri accordi internazionali con la Unione Europea per l’apertura del mercato degli appalti pubblici a condizioni di reciprocità.

Lo prevede l’art. 69 del vigente Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 36/2023).

Al contrario, le aziende di Paesi, come la Cina o l’India, non firmatari di alcun accordo sugli appalti pubblici con l’Unione Europea hanno solo la facoltà, ma non il diritto, di partecipare alle gare: non sussiste alcun divieto alla loro partecipazione ma solo una possibilità non garantita, soggetta alla discrezionalità delle stazioni appaltanti.

Ne consegue che i soggetti che bandiscono le gare possono escludere tali aziende, senza necessità di alcuna motivazione.

Tale regime si ricava dalle “Linee guida della Commissione Europea sulla partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti della UE del 24 luglio 2019 (Comunicazione C(2019) 5494 final) ed è stato confermato a più riprese dalla nostra giurisprudenza amministrativa (ad esempio, si veda TAR Piemonte, n. 1110/2021).

Nel caso di specie, quindi, secondo il TAR all’impresa cinese non era preclusa la partecipazione, sia pure “indiretta” a seguito dell’avvalimento, alla procedura di assegnazione del contratto.

Per tale ragione, il Tribunale ha rigettato il primo motivo di ricorso.

Le ulteriori norme applicabili e la decisione sul secondo motivo.

Gli stessi Giudici hanno, poi, esaminato la seconda censura, che lamentava la violazione dell’art. 170 del Codice dei Contratti Pubblici (in tutto e per tutto simile all’art. 137 del “vecchio” Codice).

Esso si applica agli appalti di forniture aggiudicati nei c.d. settori speciali, vale a dire:

  • gas ed energia termica;
  • elettricità;
  • acqua;
  • servizi di trasporto;
  • porti e aeroporti;
  • servizi postali;
  • estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.

Tale articolo riguarda le “offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui i quali l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione europea ai mercati di tali Paesi terzi” (comma 1).

Esso stabilisce che le offerte contenenti, per oltre il 50 per cento del valore totale, prodotti originari di tali Paesi terzi debbano, di regola, essere escluse dalle gare bandite in Italia.

L’art. 170, infatti, pone in capo alla stazione appaltante un onere aggravato di motivazione nel caso in cui essa non respinga un’offerta di beni prodotti per oltre il 50% in un Paese extra-UE.

Questa norma costituisce attuazione del principio di derivazione comunitaria del c.d. “comply or explain”; pertanto la scelta dell’ente aggiudicatore di non escludere dalla singola procedura il produttore di un Paese terzo rappresenta un’eccezione, che deve essere accompagnata da una motivazione espressa e rafforzata (e dalla trasmissione della documentazione di gara ad ANAC).

Il comma 3 dello stesso articolo chiarisce, per di più, che in caso di equivalenza di tale offerta con un’altra recante prodotti provenienti dall’UE deve essere preferita l’offerta di prodotti fabbricati nell’Unione Europea (a meno che non ricorrano particolari condizioni, menzionate sempre nel medesimo comma).

Alla luce di ciò, nel caso che ci occupa, il TAR ha rilevato che la stazione appaltante aveva ammesso alla procedura l’offerta (poi risultata vincitrice) di beni fabbricati per più del 50% del valore nella Repubblica Popolare Cinese ma, allo stesso tempo, non aveva fornito alcuna motivazione per tale scelta, come invece avrebbe dovuto.

Per le ragioni esposte, il Tribunale ha accolto il secondo motivo di ricorso, annullando l’aggiudicazione.

Conclusioni

Per tornare alle domande che danno il titolo a questo contributo, si potrebbe dire che, per entrambe, la risposta è affermativa, seppur con diversi limiti e avvertenze.

Al riguardo, è importante valutare accuratamente le peculiarità concrete dei singoli casi perché la partecipazione o l’esclusione dalle gare dipendono in massima parte dalla specifica situazione posta all’attenzione del consulente legale.

 

A cura dell’Avv. Andrea Giardini, Senior Partner (andrea.giardini@studiozunarelli.com)

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