Con il Decreto Legge n. 21, del 21 marzo 2022, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina, oltre all’attesa diminuzione dei prezzi dei carburanti, per quanto riguarda il sostegno al settore dell’autotrasporto, il Governo ha previsto una serie di interventi volti a mitigare gli aggravi economici derivanti dall’aumento eccezionale dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici, attraverso misure che si aggiungono a quelle già adottate con il precedente decreto energia (Dl 17/2022).
In particolare, oltre all’istituzione di uno specifico fondo, il rifinanziamento per il 2022 degli incentivi “marebonus” e “ferrobonus”, lo stanziamento aggiuntivo di risorse economiche al Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori e l’esonero per l’anno 2022 per le imprese di trasporto merci per conto terzi dal versamento del contributo all’Autorità di regolazione dei trasporti, a partire dal 22 marzo 2022 è stato previsto l’inserimento nei contratti di trasporto di una specifica clausola di adeguamento del corrispettivo per tenere conto dell’aumento dei prezzi del carburante.
Segnatamente, tramite la modifica dell’art. 6 del Decreto Legislativo n. 286/2005, è stato stabilito che il contratto di trasporto stipulato in forma scritta rechi anche una apposita clausola che preveda l’adeguamento del corrispettivo al costo del carburante sulla base delle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio da autotrazione a seguito delle rilevazioni mensili del Ministero della transizione ecologica, qualora dette variazioni superino del 2 per cento il valore preso a riferimento al momento della stipulazione del contratto o dell’ultimo adeguamento effettuato (v. nuovo art. 6, comma 3, lett. d, D.lgs cit.).
L’eventuale mancato inserimento di tale clausola rende (ai fini di cui al D.lgs 286/2005) il contratto scritto equiparato al contratto verbale.
Ma quali sono le conseguenze nel caso in cui tra le parti sia intervenuto un contratto verbale o scritto ma carente sotto il profilo degli elementi essenziali elencati all’art. 6, comma 3, del D.lgs 286/05, per l’assenza della suddetta clausola?
Il medesimo art. 14 del Decreto stabilisce che, nel caso di contratti non stipulati in forma scritta, il corrispettivo “si determina in base ai valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio” pubblicati dal Ministero, che da oggi in avanti dovranno essere aggiornati trimestralmente (v. il nuovo comma 6-bis dell’art. 6 del D.lgs n. 286/2005).
A prima vista l’intervento normativo si caratterizza per la reintroduzione nel nostro ordinamento di un meccanismo di costi minimi, ancorché limitati ai soli contratti di trasporto verbali o scritti ma carenti sotto il profilo degli elementi essenziali elencati all’art. 6, comma 3, del D.lgs 286/05.
A prescindere da ogni valutazione in merito al nuovo tentativo del legislatore di introdurre dei meccanismi di eterodeterminazione delle tariffe di trasporto (invero in passato già sperimentati con scarso successo con le tariffe a forcella e con i costi minimi di sicurezza), è sin da ora possibile compiere alcune considerazioni di natura pratico/giuridica.
In primo luogo si osserva come nel nostro ordinamento esista già una norma analoga, anche se di non frequente applicazione.
Come è noto, dopo l’abrogazione dei costi minimi di sicurezza, il corrispettivo dovuto al vettore per l’esecuzione dei servizi di trasporto è tornato, con poche limitazioni, ad essere liberamente negoziabile fra le parti. Fra i pochi fattori che sono tutt’ora in parte sottratti alla libera contrattazione vi è (in caso di oscillazioni che superino il 2%) la quota di nolo che copra il costo del carburante. Il comma 5 dell’art. 83-bis L. 6 agosto 2008, n. 133, stabilisce, infatti, che “nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto prestazioni di trasporto da effettuare in un arco temporale eccedente i trenta giorni, la parte di corrispettivo corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, come individuata nel contratto di trasporto o nelle fatture emesse con riferimento alle prestazioni effettuate dal vettore nel primo mese di vigenza dello stesso, è adeguata sulla base delle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio per autotrazione, ove tali variazioni superino del 2 per cento il valore preso a riferimento nel momento della sottoscrizione del contratto stesso o dell’ultimo adeguamento effettuato”.
Dunque il meccanismo di adeguamento automatico ex lege del costo del carburante era previsto già da molti anni. Viene così da chiedersi se trascrivere obbligatoriamente all’interno dei contratti di trasporto il testo di una norma di legge già vigente (ma ampiamente disapplicata) determinerà poi, nel concreto, il risultato di condurre il vettore ad ottenere l’adeguamento dei noli al variare del costo del carburante.
In secondo luogo, come accennato, nel caso di contratti di trasporto verbali o di contratti scritti, ma carenti sotto il profilo degli elementi essenziali elencati all’art. 6, comma 3, del D.lgs 286/05, la determinazione del nolo non è più lasciata alla libera determinazione delle parti, in quanto al vettore devono essere necessariamente corrisposti i costi di riferimento così come saranno determinati trimestralmente dal ministero. Tuttavia, rispetto al meccanismo di eterodeterminazione della tariffa in precedenza previsto dalle norme sui costi minimi di sicurezza, la normativa recentemente introdotta manca di stabilire un meccanismo di tutela giurisdizionale specifico per il vettore. Infatti, rispetto a quanto in precedenza previsto in materia di costi minimi, dove vi era la possibilità in moltissimi casi di ottenere il pagamento dei conguagli tariffari con dei decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi, oggi, invece, l’eventuale azione finalizzata ad ottenere il pagamento dei costi di riferimento non corrisposti dal committente non è soggetta ad alcuna norma processuale di favore, con la conseguenza che il vettore che decidesse di intraprendere simili iniziative dovrebbe avviare un giudizio di cognizione ordinario.
Occorre, inoltre, segnalare che il termine prescrizionale per chiedere il pagamento dei costi minimi di sicurezza in caso di contratti verbali (o contratti scritti carenti dei requisiti essenziali) era di cinque anni. Oggi, invece, i costi di riferimento possono essere richiesti entro il termine di dodici mesi dalla data di ciascun trasporto.
L’adeguamento tariffario in caso mancata corresponsione dei costi di riferimento è, quindi, ottenibile mediante un procedimento giudiziario tendenzialmente più lungo e complesso ed avrà mediamente ad oggetto somme sensibilmente inferiori rispetto a quelle che negli anni passati caratterizzavano le vertenze in tema di costi minimi di sicurezza. Vi è, dunque, la non trascurabile possibilità che molto spesso i vettori, nel soppesare il rapporto costi/benefici fra continuare ad accettare delle tariffe inadeguate, o agire giudizialmente per ottenere il riconoscimento dei costi di riferimento dovuti ex lege, possano propendere prevalentemente per la prima ipotesi.
A cura del Prof. Avv. Massimo Campailla e dell’Avv. Federico Tassinari