La recente epidemia di Coronavirus che ha colpito prima la Cina ed ora il nostro Paese ha avuto e sta avendo un impatto notevole sulle relazioni commerciali e i rapporti contrattuali che li governano. Moltissime aziende, sia cinesi che straniere, hanno dovuto, e in larga parte ancora debbono, fare i conti con le severe misure restrittive messe in campo dai propri governi e nel caso in analisi dal Governo cinese per arginare l’epidemia: gli stabilimenti, la logistica, i servizi, la stessa disponibilità di personale (bloccato in varie aree del Paese senza poter fare ritorno sul posto di lavoro), hanno subito uno stop forzato dalle misure governative e, perciò, non frutto di una libera scelta dell’azienda o della persona.
E’ sufficiente questo dato, e i conseguenti rallentamenti che tutto ciò ha provocato nell’economia cinese, a integrare gli estremi della cd. “force majeure” ai fini della responsabilità da inadempimento delle prestazioni contrattuali?
A livello normativo, il concetto di “force majeure” nell’ordinamento cinese non si distanzia da quanto generalmente previsto negli ordinamenti occidentali ed è definita come una “circostanza obiettiva, imprevedibile, inevitabile e insormontabile” (art. 117 della Contract Law). Questa definizione viene inoltre riportata sia nelle diverse fonti normative che prendono in esame questo istituto, nonché nel nuovo Codice Civile cinese, ad oggi in fase di public consultation (Min Fa Dian – Draft for opinions), all’art. 180.
Recentemente, visto il crescente interesse da parte degli operatori di mercato, alcune Corti cinesi hanno emesso alcune opinions per guidare la corretta applicazione della clausola di force majeure nell’implementazione dei contratti.
La Beijing First Intermediate Court ha affrontato il tema nel settore real estate con una recente opinion ed ha chiarito, con riferimento al lease agreement che tutte le aziende e le entità commerciali stipulano per i propri locali, che “occorre considerare se la cessazione delle attività e l’uso dei locali causato dall’epidemia di coronavirus è insormontabile (non superabile). Per quanto concerne la rete commerciale, se l’esercizio commerciale riprende a operare dopo un breve lasso di tempo e soffre un calo di fatturato […] questo deve essere considerato come un ordinario rischio commerciale”. Viceversa, “se l’esercizio commerciale appartiene a un settore gravemente danneggiato dall’epidemia […] può verificarsi il rischio di una chiusura di lungo periodo in attesa delle ispezioni oppure di chiusura permanente. In tal caso, occorre considerare l’ipotesi di esentare il locatario dal canone dovuto a causa dell’impatto dell’epidemia”.
Anche la Shanghai High Court ha recentemente precisato, in un proprio Q&A sul tema della force majeure dovuta all’epidemia di coronavirus, che “se vi è stato un impatto sugli introiti del locatario dovuto unicamente al calo di fatturato derivante dall’epidemia di coronavirus, persiste l’obbligo di pagare il canone di locazione”.
Al fine di integrare gli estremi della force majeure, che esenta l’obbligato dalla responsabilità per l’inadempimento della propria obbligazione, occorre quindi – precisa la High Court – che il bene oggetto del contratto diventi inutilizzabile – in quel caso, che i locali affittati fossero oggettivamente indisponibili per effetto di un provvedimento interdittivo delle autorità circa l’accesso al relativo building.
Ottenere il “certificate of force majeure”, che in Cina viene rilasciato dal CCPIT – China Council for the Promotion of International Trade a seguito di apposita application, è, quindi, elemento necessario, ma non sufficiente. Occorre anche provare che, per effetto dell’epidemia o delle misure di restrizione adottate dalle autorità, la prestazione contrattuale è divenuta oggettivamente ineseguibile in modo che l’epidemia integri una “circostanza obiettiva, imprevedibile, inevitabile e insormontabile” direttamente impattante sulla prestazione negoziale.
Al riguardo, la SPC – Supreme People’s Court si era già pronunciata tempo fa, in una interpretation su talune disposizioni della Contract Law (Fa Shi no. 5/2009); nella interpretation n. 26 la Corte precisa che “quando, dopo la conclusione del contratto, la situazione obiettiva incontra significativi cambiamenti prima imprevedibili dalle parti al momento della stipula del contratto, laddove tali cambiamenti non siano causati da forza maggiore e non consistano in un mero rischio commerciale, qualora la continuazione dell’esecuzione del contratto sia divenuta obiettivamente iniqua per una delle parti ovvero non sia più in grado di realizzare lo scopo per cui il contratto era stato concluso, la Corte dovrà, su richiesta di parte, decidere se modificare o terminare il contratto in base al principio di equità e considerando la situazione del caso concreto”.
Un evento imprevedibile può quindi incidere sulla vita del contratto in vari modi. Può, alternativamente, rientrare (i) nel rischio commerciale, (ii) in una eccessiva onerosità sopravvenuta, oppure, viceversa, (iii) integrare gli estremi della force majeure: in questo ultimo caso l’epidemia da COVID-19 rientra solo in parte, nel senso che un evento di tale portata, pur necessario, non è di per sé sufficiente a rendere “giustificato” un inadempimento contrattuale se non è dimostrata l’oggettiva impossibilità di adempiere la prestazione per causa non imputabile al debitore, al di fuori del normale rischio commerciale.
Diventa quindi importante analizzare il caso concreto rispetto al contratto, e verificare se le circostanze che hanno materialmente inciso sull’adempimento abbiano davvero condizionato l’esecuzione fino al punto da rendere obiettivamente ineseguibile la prestazione: la stessa giurisprudenza cinese, infatti, sottolinea più volte la necessità di analizzare le situazioni case by case, poiché anche un evento di vastissima portata come l’epidemia da COVID-19 può incidere in misura più o meno significativa a seconda della situazione concreta e quindi integrare, o meno, un caso di “force majeure”.
Per quanto invece concerne l’applicazione del concetto di forza maggiore nell’ordinamento italiano ed il possibile impatto delle misure attualmente prese dai governi europei, rimandiamo a quanto scritto dai colleghi operativi presso le sedi in Italia.
A cura dell’Avv. Andrea Sorgato – andrea.sorgato@studiozunarelli.com