Come ben noto alle imprese attive nei diversi settori del trasporto, ogni anno l’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti) emana le delibere finalizzate alla determinazione dei criteri di calcolo per il contributo destinato al proprio funzionamento.
Tali delibere costituiscono una applicazione concreta di quanto previsto dal legislatore italiano con l’art. 37, comma 6, lettera b) del decreto legge n. 201/2011 (c.d. decreto “Salva Italia”), il quale, per l’appunto, prevede che “alle attività” esercitate dall’ART nei diversi sotto-settori in cui si articola il mercato dei trasporti “si provvede […] mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all’uno per mille del fatturato derivanti dall’esercizio delle attività svolte percepiti nell’ultimo esercizio. Il contributo è determinato annualmente […]”.
Dubitando della compatibilità di tale norma con l’assetto costituzionale italiano, nel 2016 il T.A.R. Piemonte, sede di Torino, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, ritenendo che tale normativa non fosse rispettosa di una serie di principi fondamentali contenuti nella nostra Costituzione, ossia degli artt. 3, 23, 41 e 97.
Chiamata a definire tale questione, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 69/2017, ha ritenuto “non fondate” le questioni sollevate dal T.A.R.
Una lettura attenta di questa sentenza permette, tuttavia, di avanzare una serie di importanti riflessioni che impattano in maniera alquanto incisiva sulla “vita” di tutte quelle imprese che, operanti nei diversi settori di attività dell’Authority, risultano, ogni anno, destinatarie della richiesta di pagamento del contributo in esame.
La Corte Costituzionale ha, infatti, provveduto a precisare, una volta per tutte, il significato da attribuirsi alla espressione “gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati”, con ciò individuando, con precisione, chi siano i soggetti chiamati a corrispondere il contributo annuale dell’ART.
Secondo la Corte, i “«gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati»” sono tutti “coloro nei confronti dei quali l’ART abbia effettivamente posto in essere le attività (specificate al comma 3 dell’art. 37) attraverso le quali esercita le proprie competenze (enumerate dal comma 2 del medesimo articolo). Dunque, la platea degli obbligati […] deve ritenersi che includa solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali” (par. 7,3, “motivi della decisione”).
Seguendo il ragionamento della Corte Costituzionale, l’ART potrà richiedere il contributo annuale alle sole imprese attive in un determinato settore trasportistico (settore elencato sia dall’art. 37, d.l. n. 201/2011 che da ciascuna delibera annuale dell’ART relativa al contributo di funzionamento) solamente qualora l’Autorità abbia esercitato, nel concreto, attività di regolazione in favore di tale settore (e, dunque, delle imprese nello stesso operanti).
A questo punto assume fondamentale importanza capire quando possa dirsi che “l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali”.
La risposta, a ben vedere, era già stata fornita dal Consiglio di Stato nel 2016 con la ordinanza n. 312 (richiamata dalla stessa Corte Costituzionale) la quale, pur riferita ad una vertenza promossa contro l’ART da alcune imprese di handling aeroportuale, contiene un principio che – come si vedrà – è oggi richiamato dal T.A.R. Piemonte anche con riferimento ad imprese attive in altri settori trasportistici.
In tale occasione il Consiglio di Stato ha precisato che “neppure allo stato si può riconoscere […] la soggezione contributiva delle aziende” esercenti servizi di handling, “poiché il relativo obbligo in tanto sarebbe potuto sorgere in quanto esse operassero in un mercato regolato e solo se ve ne fossero criticità ed asimmetrie tali da giustificare un intervento regolatorio ex ante dell’ART”. In altri termini, “l’ART può chiedere il contributo non già solo per il suo funzionamento, ma nei limiti di tal attività regolatoria, che presuppone un’analisi di mercato in contraddittorio con tali imprese e che allo stato non sembra ravvisarsi nei […] confronti [delle imprese di handling aeroportuale], in quanto operano o in mercato in sé libero o in ambiti già regolati ex ante da altre Autorità”.
Il principio espresso dalla Corte Costituzionale e, prima ancora, dal Consiglio di Stato, è di assoluta rilevanza e di estrema concretezza per le tutte quelle imprese che, alla luce degli specifici parametri indicati annualmente dall’ART, rientrando appieno nei settori di attività dell’Autorità, sono destinatarie della relativa pretesa contributiva. Nello specifico, l’obbligo di pagamento per tali imprese potrà dirsi sussistente solamente a condizione che l’ART abbia emesso, nel relativo settore di attività, dei concreti provvedimenti a carattere regolatorio, ossia destinati a liberalizzare il mercato di riferimento.
Il principio, letto al contrario, comporta che in quei mercati già liberalizzati (o regolati da altre Authorities) l’ART non possa richiedere il pagamento del contributo a quelle imprese, pur attive nei settori di intervento dell’Autorità, rispetto alle quali non siano rinvenibili concreti interventi e provvedimenti a carattere regolatorio.
Com’è evidente, i principi giurisprudenziali sopraindicati hanno l’effetto di circoscrivere, in maniera sensibile, il perimetro soggettivo di contribuzione dell’ART, avendo contributo a chiarire, una volta per tutte, quali siano le caratteristiche della platea contributiva così genericamente indicata dal legislatore prima e dall’ART poi.
Come anticipato, quanto affermato dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato sta trovando occasione di applicazione pratica anche al di fuori del mercato dei prestatori di handling. Prova ne sono le recenti sentenze emesse dal T.A.R. Piemonte, sede di Torino, il quale – si ricorda – rappresenta il giudice territorialmente competente a decidere, in primo grado, le vertenze promosse dalle imprese interessate contro l’ART aventi ad oggetto la richiesta di annullamento delle delibere relative al contributo annuale di funzionamento nei propri confronti.
In particolare, i Giudici torinesi hanno annullato le delibere dell’ART relative ai contributi per gli anni 2015 e 2017, dichiarandone la illegittimità per assenza di concreto esercizio di funzioni regolatorie nei settori, rispettivamente, dell’autotrasportato di merci e portuale (terminal portuale): trattasi delle sentenze nn. 539/2017 e 288/2018.
Fermo restando che l’ART potrà appellare tali sentenze davanti al Consiglio di Stato, il principio espresso dalla Corte Costituzionale rappresenta un precedente di rilevanza fondamentale, ed è lecito immaginare che non venga disatteso da parte del Consiglio di Stato, il quale, significativamente, si era già mostrato favorevole ad una lettura maggiormente “circoscritta” della normativa in parola.
Il T.A.R. Piemonte, sede di Torino, è atteso emettere la sua prima decisione con riferimento al settore del trasporto marittimo di merci e di passeggeri, il quale, si ricorda, costituisce un mercato tradizionalmente aperto alla libera concorrenza.
A cura dell’avv. Andrea.Giardini – andrea.giardini@studiozunarelli.com