Quando si parla di “Made in China 2025” si intende il piano di sviluppo strategico promosso dal governo cinese e finalizzato al miglioramento entro il 2025 della competitività internazionale dell’industria manifatturiera cinese, attraverso un maggior utilizzo della robotizzazione e dei processi di automatizzazione. A questo scopo sono quindi previsti finanziamenti o incentivi per le aziende cinesi che intendano acquisire o sviluppare in collaborazione con aziende straniere un “know how tecnologico”.
Se l’interesse delle aziende cinesi nello stipulare questa tipologia di accordi è frutto di esigenze di mercato e pianificazione nazionale, per quanto riguarda le imprese straniere invece, questo tipo di collaborazione potrebbe comportare il rischio di veder svanire un valore costruito dall’azienda in diversi anni di attività, oppure – se ben gestita – la possibilità di finanziare ulteriori investimenti per la ricerca e lo sviluppo. Per tale ragione e data l’importanza dell’asset in gioco, sarà fondamentale prendere tutte le cautele, giuridiche e operative, che assicurino un corretto svolgimento dell’attività.
Il proprio know-how può essere trasferito in Cina con diverse finalità e metodi: trasferimento mediante contratto di licenza, prevedendo semplicemente un corrispettivo economico (in forma fissa o variabile), oppure mediante investimento nel mercato cinese usando il trasferimento di know-how come quota di capitale sociale nella costituzione di una joint venture (società a responsabilità limitata partecipata costituita con un partner cinese). In entrambi i casi, è fondamentale concludere un accordo indipendente che stabilisca al di fuori del contratto di Joint Venture i termini e le condizioni di utilizzo e sviluppo ulteriore del know-how.
Nello specifico, data la sua natura immateriale bisogna innanzitutto definire in modo chiaro ed il più possibile dettagliato quale know-how si intende trasferire e quali attività sono idonee per il suo trasferimento. In molteplici casi infatti la difficoltà di apprendimento del personale locale o il continuo mutamento della mano d’opera, porta a contestazioni – più o meno fondate – sul corretto adempimento del contratto da parte dell’operatore straniero, richiedendo una serie potenzialmente infinita di interventi sino all’ottenimento del risultato richiesto.
Infine, qualora il trasferimento di tecnologia si inserisca in una operazione più ampia che prevede la costituzione di una società in Cina, è necessario ricordare che, sebbene nel breve periodo non sia richiesto uno sforzo finanziario all’avviamento dell’attività, è opportuno prevedere fin da subito una presenza di personale straniero, o selezionato dall’azienda straniera, in Cina che possa coordinarsi con la stessa e vigilare sull’operato del partner locale. Qualora invece il trasferimento di tecnologia sia oggetto di autonomo accordo, è necessario che il contratto preveda una forma di rendicontazione e condivisione delle informazioni che renda possibile il calcolo del contributo economico concordato.
Appare infine utile ricordare che qualora sia competente in caso di potenziale disputa una Corte cinese, è assolutamente preferibile redigere il contratto in lingua cinese, prevedendo che in caso di contestazioni con eventuali traduzioni in lingua inglese il testo prevalente sia quello cinese. In caso contrario, si potrà stabilire di devolvere eventuali vertenze a istituzioni arbitrali, cinesi o internazionali, predisponendo in tal caso il contratto anche in lingua straniera.
Altri rischi possono inoltre sorgere in presenza di accordi che comportano anche il trasferimento di diritti di proprietà intellettuale che richiedono una forma di registrazione (marchi o brevetti). In questi casi infatti risulta doveroso, prima di iniziare ogni tipo di collaborazione, eseguire le dovute verifiche sulla protezione di questi diritti nel mercato cinese.
Risulta pertanto opportuno, per chi fosse interessato ad operare in Cina, valutare le operazioni di trasferimento di know how tecnologico nel dettaglio prima ancora di iniziare la negoziazione, senza sottovalutarne la complessità.
(A cura dell’Avv. Luigi Zunarelli – luigi.zunarelli@studiozunarelli.com)