Tramite la Legge del 18 giugno 2015, n. 96, in vigore dal 1° gennaio 2016 il Governo Italiano ha finalmente ratificato l’accordo tra Italia e la Regione amministrativa speciale di Hong Kong, con lo scopo dichiarato di evitare le doppie imposizioni in materia d’imposte sul reddito e di prevenire l’evasione fiscale.
Oltre ai diversi aspetti inclusi nell’accordo, a rilevare in un’ottica prospettica sono gli effetti conseguitesi all’entrata in vigore della menzionata Convenzione; su tutti l’eliminazione parziale di Hong Kong dalle black list italiane per la disciplina C.F.C. (D.M. 21 novembre 2001) e per l’indeducibilità dei costi (D.M. 23 gennaio 2002).
- Normativa “Black list” ed effetti
L’elenco Paesi black list aventi un regime fiscale privilegiato comporta, per gli operatori commerciali che intrattengono operazioni con taluni di detti Paesi, significative ricadute tributarie tanto sostanziali (tassazione dei dividendi, deducibilità di costi, trattamento sanzionatorio) quanto formali (monitoraggio fiscale, dovere di informazione).
Per verificare se un Paese rientra o meno nella c.d. “lista nera” si devono necessariamente considerare tutte le liste emanate nel corso degli anni dai vari decreti attuativi (tra l’altro più volte modificati), le quali, pur se dotate di autonoma dignità giuridica nei rispettivi campi applicativi, rilevano comunque nella loro totalità:
- Operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi black list (D.M. 4 maggio 1999);
- Stati o i territori a regime fiscale privilegiato che rende applicabile la normativa C.F.C. (D.M. 21 novembre 2001);
- Deducibilità limitata dei costi derivanti dalle operazioni intercorse con operatori residenti in Paesi black list (D.M. 23 gennaio 2002).
Diversi sono i risvolti applicativi, gli oneri, gli adempimenti e le conseguenze sostanziali cui sono chiamati gli operatori commerciali italiani che intrattengono rapporti con un Paese rientrante nelle citate liste:
- Tassazione dei dividendi – il decreto “crescita ed internalizzazione delle imprese” (D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 147) ha nuovamente definito l’ambito di applicazione della disciplina in esame che, a differenza del regime ordinario dove si consente una parziale esenzione (c.d. PEX) degli utili, prevede l’integrale imponibilità dei dividendi provenienti da detti Paesi.
- Deducibilità dei costi – fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 vigeva un’integrale indeducibilità per tutte le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese black list. Tale stringente regime ha però subito due importanti modifiche, le quali hanno dapprima consentito, per l’annualità 2015, una deducibilità dei costi nei limiti del valore normale, salvo giungere, per l’annualità in corso (2016) al regime ordinario della piena deducibilità.
- Comunicazione delle operazioni con i Paesi black list – come previsto dal D.M. 5 agosto 2010, i soggetti passivi IVA devono comunicare annualmente per via telematica all’Agenzia delle Entrate, secondo modalità e termini definiti con apposito decreto del MEF, tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi il cui importo complessivo annuale risulti superiore ad euro 10.000,00, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi di cui al D.M. 4 maggio 1999, e al D.M. 21 novembre 2001.
- Regime sanzionatorio (compilazione del quadro RW e ravvedimento operoso) – ulteriori riscontri della gravosa regolamentazione si evince nel trattamento sanzionatorio. Viene raddoppiata la sanzione applicata per la mancata compilazione del quadro RW, ossia quello dedicato al monitoraggio annuale delle attività finanziarie e degli investimenti patrimoniali detenuti all’estero da residenti in Italia. Lo stesso regime si riscontra, altresì, nell’ambito dell’istituto noto come “ravvedimento operoso”, ossia nella possibilità concessa al contribuente di regolare la propria posizione fiscale attraverso una dichiarazione integrativa presentata oltre il termine ordinario di presentazione.
- La cancellazione – parziale – di Hong Kong dalle black list italiane
L’eliminazione di Hong Kong dalle black list italiane è, come detto, solamente parziale (cfr. i due D.M. del 18 novembre 2015). Il Paese, infatti, è rimasto nell’elenco di cui al D.M. 4 maggio 1999, cui si ricollega l’obbligo di comunicazione delle operazioni intercorse con soggetti ubicati in Paesi a fiscalità privilegiata previsto dal D.M. 5 agosto 2010 (in attuazione del citato D.L. 25 marzo 2010, n. 40). Ne consegue che tutti i soggetti passivi IVA (persone fisiche e giuridiche) che realizzano scambi commerciali di beni e servizi con soggetti localizzati in Hong Kong sono tenuti, nel 2016, a comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni effettuate, purché di ammontare annuale complessivo maggiore di 10.000,00 euro.
Nonostante i significativi cambi di prospettiva illustrati restano, inoltre, da chiarire alcuni dubbi sul fatto che Hong Kong possa considerarsi definitivamente un Paese white list, posto che ad oggi, a quanto consta, il suo nome non ha ancora trovato giusta collocazione nell’apposita lista di cui al D.M. 4 settembre 1996 (c.d. white list) che contiene l’elenco degli Stati con i quali è attuabile un adeguato scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana.
Tuttavia, la ratifica della Convenzione contro le doppie imposizioni indicata in premessa e l’attivazione di adeguati scambi d’informazione consentono di poter essere sufficientemente fiduciosi in ordine alla prossima fuoriuscita di Hong Kong anche dall’elenco di cui al D.M. 4 maggio 1999, ed al contestuale inserimento nelle white list italiane, al fine di limitare gli adempimenti per chi opera con l’estero, da cui parallelamente attrarre importanti investimenti.
a cura di Avv. Luigi Zunarelli – Studio Legale Zunarelli e Associati, sede di Shanghai; Avv. Simone Ariatti – of counsel dello Studio Legale e Tributario Del Federico e Associati (Bologna-Pescara-Roma).