L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 25487, pubblicato sul Bollettino n. 21 del 15 giugno 2015, ha contestato al Consiglio Nazionale Forense la violazione di cui all’art. 15 comma 2 della L. 287/90 per inottemperanza ad un precedente provvedimento della medesima Autorità, n. 25154 dell’ottobre del 2014.
Con tale ultimo provvedimento, l’Autorità aveva accertato un’infrazione commessa dal Consiglio, in violazione dell’art. 101 TFUE, per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, consistente nell’adozione di una decisione volta a limitare l’autonomia dei professionisti, censurando quale illecito disciplinare l’utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale si veicola anche la convenienza economica della prestazione professionale.
Nel parere n. 28 del 2012, difatti, il CNF aveva valutato l’utilizzo da parte del professionista di siti diversi dal proprio per farsi pubblicità come uno “svilimento della prestazione professionale da contratto d’opera intellettuale” e, pertanto, aveva considerato tali siti uno strumento vietato.
Nel provvedimento dell’ottobre 2014, l’Autorità ha stigmatizzato la presa di posizione del CNF come una illegittima restrizione della concorrenza tra i professionisti, nella misura in cui impedisce loro di “utilizzare determinate piattaforme digitali per pubblicizzare i propri servizi professionali, anche con riguardo alla componente economica degli stessi e pertanto limita l’impiego da parte degli avvocati di un importante canale messo a disposizione dalle nuove tecnologie per la diffusione dell’informazione circa la natura e la convenienza dei servizi professionali offerti”.
Secondo l’Autorità, tali piattaforme offrono agli avvocati nuove opportunità professionali e una maggiore capacità di attrazione di clientela rispetto alle tradizionali forme di comunicazione pubblicitaria, consentendo loro di affermarsi in nuovi mercati anche distanti geograficamente.
In considerazione di ciò, con il provvedimento da ultimo citato, l’Autorità ha diffidato il CNF ad adottare tutte le misure volte a rimuovere l’infrazione commessa con il parere n. 48 e ad astenersi dal commettere nuovi infrazioni come quella accertata.
Con il recentissimo provvedimento n. 25487/2015, l’Antitrust è nuovamente intervenuta in merito all’art. 35 del nuovo codice deontologico, entrato in vigore il 15 dicembre 2014, ai sensi del quale “l’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso”. La violazione di tale norma, peraltro, viene sanzionata con la sanzione disciplinare della censura.
L’Autorità, innanzitutto, ricorda che secondo la consolidata giurisprudenza comunitaria e nazionale i professionisti sono qualificabili quali impresa ai fini dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza e agli stessi fini gli ordini professionali costituiscono associazioni di imprese, rientrando, in quanto tali, nel campo materiale di applicazione dell’art. 101 del TFUE.
Secondo l’Antitrust, pertanto, l’art. 35 del vigente codice deontologico forense reitera la violazione perpetrata con il parere n. 48 del 2012, già accertata, ponendosi in contrasto non solo con il diritto comunitario, ma anche con il precedente provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014 dell’Autorità.
Alla luce di tali argomentazioni, l’Autorità conclude con la contestazione al CNF della violazione di cui all’art. 15 comma 2 della L. 287/90 per inottemperanza al già citato provvedimento dell’Autorità.
(A cura dell’Ufficio di Bologna – Dott.ssa Rosachiara Martiriggiano – 051 2750020)