Attesissima e frutto di un lunghissimo dibattito in Parlamento, la Legge sul divorzio breve interviene sulla disciplina processuale della separazione e del divorzio, modificando i tempi richiesti per la presentazione della domanda di divorzio da parte dei coniugi separati.
Il 26 maggio scorso è entrata in vigore la Legge 6 maggio 2015, n. 55, ovvero la cosiddetta Legge sul “divorzio breve”.
Per meglio comprendere la portata innovativa della riforma occorre ricordare che prima di questa, i coniugi, per poter presentare domanda di divorzio, erano obbligati dalla legge ad attendere tre anni dal momento della separazione giudiziale o consensuale.
Tale termine, piuttosto lungo, era stato previsto dal Legislatore nel 1970 quale “spatium deliberandi”, ovvero momento di riflessione necessario nell’ottica di un’eventuale riconciliazione o ripensamento.
Secondo la nuova Legge invece, in caso di separazione giudiziale la domanda di divorzio è proponibile già dopo dodici mesi di separazione ininterrotta, decorrenti dalla comparizione dei coniugi di fronte al Presidente del Tribunale.
Allo stesso modo, nell’eventualità di separazione consensuale, si riduce a sei mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi necessaria per la proposizione della domanda di divorzio, termine che decorre sempre dalla comparizione dei coniugi di fronte al Presidente del Tribunale.
Tra l’altro, in entrambi i casi il termine rimane lo stesso, anche qualora la coppia abbia figli minori o bisognosi di protezione.
Pur non essendo stato eliminato il passaggio obbligatorio della separazione ed essendo dunque stata scelta dal Parlamento una soluzione di “compromesso”, si attende comunque un discreto effetto acceleratore dei tempi che portano allo scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale.
Non solo. Una ulteriore – e particolarmente interessante – novità riguarda il regime patrimoniale di comunione legale dei coniugi.
Se infatti in precedenza il regime di comunione legale sorto al momento del matrimonio si scioglieva solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale o del decreto di omologa di quella consensuale, con l’entrata in vigore della nuova riforma non occorre più attendere tale circostanza, in quanto la comunione legale si scioglie già al momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati in caso di separazione giudiziale, e al momento di sottoscrizione del processo verbale di separazione dei coniugi dinanzi al Presidente (purché successivamente omologato) in caso di separazione consensuale.
Tale novità, forse di minore impatto sull’opinione pubblica rispetto a quella sopra descritta, appare di grande importanza dal punto di vista pratico.
La modifica legislativa in esame consente, infatti, ai coniugi di definire fin da subito i loro rapporti patrimoniali, sciogliendo un forte vincolo giuridico che li lega.
Preme a tale proposito sottolineare che, precedentemente, gli acquisti compiuti da un solo coniuge separato fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione o del decreto di omologa di separazione, paradossalmente cadevano in comunione, e che ciascuno dei coniugi separati, pur a fronte della pronuncia di separazione, poteva comunque disporre dei beni comuni per le esigenze della famiglia. Vi era, dunque, il concreto rischio che il patrimonio comune dei coniugi separati rimanesse immobilizzato per tutto il tempo del giudizio di separazione, rischio che ora, con lo scioglimento immediato del regime di comunione, può dirsi scongiurato.
Da ultimo, pare importante ricordare che le novità appena esposte saranno immediatamente applicabili alle domande di divorzio presentate dall’entrata in vigore della riforma, anche nel caso in cui sia ancora pendente tra i coniugi procedimento di separazione personale.
(A cura dell’Ufficio di Bologna – Avv. Laura De Paulis – 051 2750020)
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