Il trattamento a freddo è utilizzato come misura fitosanitaria ed è obbligatorio per l’esportazione del cibo, soprattutto la frutta, da numerosi Paesi, quali ad esempio Stati Uniti, Taiwan, Giappone, Australia, India, Cina, Nuova Zelanda ed altri ancora. Una delle clausole dei contratti di assicurazione della merce che viene trasportata ai fini dell’esportazione, e che assume maggiore rilevanza, è dunque quella che disciplina i casi in cui il cibo giunga a destinazione avariato per via del mancato o erroneo funzionamento dei macchinari che realizzano la crioconservazione. Tale clausola è detta di trattamento a freddo o cold treatment clause.
Un settore che non ha quasi mai subito battute di arresto in Italia è quello della importazione, con oltre 300 milioni di tonnellate di merci vendute all’estero ogni anno. Tali merci necessitano evidentemente di essere trasportate nei Paesi in cui verranno vendute e distribuite; talvolta questi viaggi sono transoceanici, e consentono di far arrivare la frutta in Asia, in Africa e nelle Americhe.
Oltre alla distanza del tragitto percorso, tale trasporto può presentare ulteriori elementi di complessità, in special modo se il bene oggetto di esportazione è facilmente deperibile, come nel caso della frutta e della verdura.
L’organizzazione di tale trasporto può essere realizzata sia dallo stesso proprietario della merce, che da uno spedizioniere, il quale in questo caso avrà l’onere e la responsabilità di scegliere il vettore, che dà vita alla vera e propria impresa di trasporto marittimo in senso tecnico.
Lo spedizioniere si occupa dunque anche di assicurare i beni trasportati, nel caso in cui essi non arrivino sani a destinazione, non arrivino nelle condizioni ottimali per la vendita o addirittura periscano durante il viaggio.
A tale riguardo occorre ricordare che vi sono una serie di tecniche che utilizzano la crioconservazione per fare in modo che l’alimento trasportato rimanga il più possibile inalterato durante il viaggio che lo porta nel paese di destinazione, in cui verrà venduto e consumato.
Il freddo ha, infatti, il vantaggio di conservare un alimento, anche per un periodo di tempo prolungato, senza alterarne il valore biologico e nutrizionale e tantomeno le caratteristiche organolettiche.
L’impiego del freddo può assumere varie forme, a seconda dello scopo che si vuole raggiungere. I modi di conservazione si possono, a tale proposito, dividere fondamentalmente di due tipi: la refrigerazione e la congelazione.
In termini del tutto generali, possiamo dire che qualsiasi metodo di utilizzo del freddo ha un’azione “microbostatica”. Il freddo non uccide i microrganismi, come nel caso dei trattamenti termici, bensì ne blocca la crescita.
In buona sostanza, più la temperatura scende, più difficile risulta la crescita dei microbi, e qualora si giunga alla temperatura di congelamento, questa si arresta del tutto.
Va ricordato ad ogni modo che i trattamenti termici sono realizzati sia nella cella del magazzino di stoccaggio prima della spedizione (pre-shipment), sia sul container refrigerato durante la spedizione (in transit).
Tutto ciò premesso, una delle clausole dei contratti di assicurazione della merce che viene trasportata ai fini dell’esportazione che assume maggiore rilevanza è quella che disciplina i casi in cui il cibo non arrivi sano al luogo di destinazione per via del mancato o erroneo funzionamento dei macchinari che realizzano la crioconservazione: si tratta della clausola di trattamento a freddo o cold treatment clause.
Il trattamento a freddo è, infatti, utilizzato come misura fitosanitaria ed è previsto come obbligatorio per l’esportazione del cibo, soprattutto la frutta, da numerosi Paesi, quali ad esempio Stati Uniti, Taiwan, Giappone, Australia, India, China, Nuova Zelanda ed altri ancora.
A tale proposito, occorre tenere presente che ogni Paese stabilisce singoli protocolli di esportazione, che richiedono particolari modalità di applicazione del trattamento; ad esempio lo stato di Taiwan ha recentemente modificato il proprio, imponendo agli esportatori di applicare le sonde che controllano la temperatura della frutta durante il viaggio secondo una particolare disposizione “a triangolo”, pena il mancato ingresso della merce nel suo paese.
Gli accordi fitosanitari tra i vari paesi vengono stilati dagli enti preposti; nel caso dell’Italia dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, il quale a sua volta istruisce i Servizi Fitosanitari Locali.
Infatti, nel caso di spedizione di merci deperibili, l’ispettore fitosanitario italiano presiede le fasi iniziali del trattamento la procedura di Cold treatment, presenziando e certificando la conformità delle operazioni svolte dal vettore con i protocolli stabiliti.
Ad esempio, accerta l’omologazione del container e verifica la presenza di sonde e di un registratore per la rilevazione delle temperature.
Ciò posto, le cold treatment clauses frequentemente fanno riferimento ai protocolli di esportazione previsti dai vari Paesi, in alcuni casi coprendo il rischio inerente alla mancata compliance con i medesimi.
Tali clausole prevedono altresì la possibilità di risarcire un mancato funzionamento della procedura di trattamento a freddo.
Talvolta, infatti, si verificano dei malfunzionamenti nei macchinari che regolano la crioconservazione: questo può subire guasti, arresti accidentali o mancati funzionamenti, causando il danneggiamento parziale delle merci trasportate, o addirittura, nei casi limite di vera e propria interruzione della “catena del freddo”, la perdita totale dei beni.
Non solo. Il macchinario potrebbe abbassare eccessivamente la temperatura dei container in cui è sita la merce; l’eccesso di freddo provoca, nella maggioranza dei casi, un danno pressoché totale sia alla frutta sia agli ortaggi in genere (vengono, infatti, bruciati da temperature troppo basse e divengono inutilizzabili).
Sono quindi le compagnie assicurative a potere/dovere risarcire il danno subito dal proprietario della merce, a seconda di quanto stabilito dai relativi contratti.
In genere, le cold treatment clauses coprono la differenza di prezzo tra il valore di mercato della merce, se fosse arrivata nelle condizioni previste, e il valore di mercato della merce allo stato in cui, invece, è giunta a destinazione.
Talvolta, però, la copertura è più ampia e riguarda pure i costi relativi ad ulteriori trattamenti crioconservativi cui i beni vengono in loco sottoposti, nonché anche i costi necessari per trasportare la merce in un altro Paese di destinazione, ove essere distribuita.
(A cura dell’Ufficio di Bologna – Avv. Laura De Paulis – 051 2750020).