Sussiste usura contrattuale anche se i soli interessi moratori applicati al contratto di finanziamento sono superiori al tasso soglia previsto dalle circolari della Banca d’Italia
Lo Studio ha recentemente assistito un’impresa la quale aveva sottoscritto, con un istituto di credito, un contratto di locazione finanziaria per l’edificazione di un fabbricato artigianale. Da una disamina dei saggi di interessi applicati al contratto emergeva che gli stessi erano superiori al tasso soglia individuato sulla scorta dei rilevamenti periodici effettuati dalla Banca d’Italia. In modo particolare, l’impresa rappresentata dal-lo Studio lamentava che l’importo degli interessi cor-rispettivi previsti in contratto, alla luce anche del-l’incremento da applicarsi a titolo di interessi moratori, portava ad una saggio superiore al tasso soglia vigente per l’epoca (individuabile nel TEGM di allora aumentato del 50 %) e, quindi, agiva in giudizio contro la banca che aveva concesso il finanzia-mento, convenendo quest’ultima innanzi al Tri-bunale di Udine. In ossequio a quanto previsto dall’art. 1815 c.c., l’impresa conces-sionaria del finanziamento chiedeva venisse accertata la nullità della clausola rela-tiva agli interessi, con con-seguente gratuità del con-tratto di finanziamento e condanna della banca alla restituzione degli interessi sino ad allora versati. L’istituto di credito, costitui-tosi in giudizio, si difendeva spendendo un argomento al quale spesso ricorrono le banche nell’ambito di tale tipologia di contenzioso bancario, ossia eccependo che, ai fini del computo dell’usura, non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori, trattandosi di due grandezze disomogenee. Affermava inoltre la banca che il tasso di mora non potesse essere preso in considerazione ai fini della valutazione dell’usurarietà del contratto di finanzia-mento, in quanto il TEGM (tasso economico globale medio) periodicamente ri-levato dalla Banca d’Italia e parametro per l’indivi-duazione del tasso soglia, non tiene conto anche dei tassi di mora mediamente applicati dagli istituti di cre-dito. Il Giudice adito, muovendo dalla tesi sostenuta dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 350/2013, ha ritenuto che per stabilire se vi è usura è necessario considerare tut-te le remunerazioni chieste dalla banca al cliente a qualsiasi titolo: compresi gli interessi moratori. Ciò peraltro discende dallo stesso dato normativa e, in modo particolare, da quanto previsto dalla L. 108/96, il cui art. 1, co. I, afferma che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, delle remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. Il fatto che anche gli interessi moratori debbano essere ricompresi nel calcolo dell’usura emerge anche da una molteplicità di pronunce giurispruden-ziali, compresa una sen-tenza della Corte Costituzionale del 25 febbraio 2002, n. 29. Anche alla luce di tali elementi il Tribunale udi-nese ha stabilito che le previsioni contrattuali in tema di mora debbono essere incluse nella verifi-ca empirica del rispetto dei limiti usurari, dovendo respingersi la tesi secon-do la quale gli interessi moratori sarebbero privi di pregio ai fini del computo dell’usura in quanto il TEGM periodicamente ri-levato dalla Banca d’Italia, non viene determinato esaminando anche gli in-teressi di mora, ma solo quelli corrispettivi. Ed infatti se la Banca d’Italia dovesse anche realizzare una apposita indagine per determinare un ipotetico TEGM dei tassi di mora, da un lato si farebbe assurgere la mora ad una autonoma categoria di credito (il che non è possibile in quanto la mora è una semplice modifica del piano di ammortamento, dovuta al comportamento inadempiente del debitore) e, dall’altro lato, si individuerebbe una so-glia di usura più elevata. Da ciò conseguirebbe la totale vanificazione della ratio alla base della tutela approntata per chi usu-fruisce di un contratto di finanziamento. Senza contare, peraltro, che è la stessa legge a stabilire come debba esservi un’unica soglia media del-le remunerazioni previste a qualsiasi titolo. Secondo il Giudice adìto, tuttavia, ciò non implica che, ai fini dell’individuazione del-l’usura contrattuale, sia cor-retto sommare i tassi corri-spettivi ai tassi moratori, ma il tasso di mora va comun-que valutato nell’ambito del tasso effettivo globale annuo pattuito unitamente agli altri costi. Nella fattispecie concreta sottoposta all’attenzione del Tribunale di Udine, già il so-lo tasso di mora era supe-riore al tasso soglia e ciò rendeva non necessario procedere ad una apposita consulenza tecnica in quan-to era evidente che il costo effettivo globale annuo non sarebbe mai potuto essere contenuto all’interno della soglia d’usura. Da ciò è conseguita l’applicazione dell’art. 1815 c.c. e, coerentemente, la condanna alla banca a restituire alla propria clien-te tutti gli interessi, costi e commissioni pagati sino a quel momento e quantificati in più di € 300.000,00. (A cura dell’Ufficio di Trieste – Avv. Francesca Greblo – 0407600281)