Con ordinanza n. 738/2013, il Tribunale di Gorizia, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato da una Società assistita dallo Studio di Trieste, ha ordinato in via cautelare al resistente di rinunciare al pignoramento delle quote di proprietà della società ricorrente e alla cancellazione della relativa iscrizione dal Registro delle Imprese. Il Tribunale ha infatti riconosciuto la sussistenza di entrambi i requisiti indispensabili per l’ottenimento di un provvedimento d’urgenza quale quello richiesto nel caso in esame: il fumus boni juris, ovvero la verosimiglianza del diritto fatto valere e il periculum in mora, ossia il grave ed irreparabile pericolo che una ritardata pronuncia avrebbe potuto arrecare alle ragioni del ricorrente.
Sotto il primo profilo, il Giudice ha riconosciuto l’inadempimento del resistente agli obblighi assunti con la sottoscrizione di un atto di transazione, la quale prevedeva, tra le altre cose, la rinuncia al pignoramento delle quote di proprietà della Società ricorrente entro quindici giorni dall’invio della delibera di finanziamento, necessario per l’acquisto della nuda proprietà di un compendio immobiliare del resistente. Tuttavia, nonostante l’ottenimento del finanziamento, la parte resistente si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte con la transazione, non rinunciando nei tempi contrattualmente stabiliti al pignoramento delle quote. Ed invero quest’ultima aveva trascritto il pignoramento nel Registro delle Imprese ed aveva tentato senza successo di vendere l’immobile a terzi.
Il Tribunale di Gorizia ha altresì ritenuto, con riguardo al secondo profilo, sussistente il periculum in mora, atteso che, durante il tempo necessario alla proposizione dell’azione ex art. 2932 c.c. volta ad ottenere l’adempimento coattivo della transazione da parte del resistente, il permanere del pignoramento delle quote avrebbe impedito di ottenere l’erogazione di un importante finanziamento necessario alla realizzazione di una nuova iniziativa imprenditoriale. Il danno, derivante dalla perdita del finanziamento, non avrebbe potuto trovare un’adeguata tutela risarcitoria, perché, in primo luogo, la natura di questo genere di danno non consente una precisa quantificazione anticipata dello stesso e, secondariamente, in quanto il resistente stava cercando già da tempo di spogliarsi di tutti i suoi beni, rendendo in tal modo vana una eventuale successiva azione esecutiva.
Inoltre, la mancata rinuncia del pignoramento nelle more del giudizio per ottenere l’adempimento della transazione avrebbe comportato ulteriori danni alle Società: il resistente in effetti ben avrebbe potuto agire esecutivamente vendendo le quote a terzi. (A cura dell’ufficio di Trieste – Prof. Avv. Massimo Campailla e Avv. Federica Fantuzzi – 040/7600281)